Cassazione a Sezioni Unite Civili, sentenza n. 2951 del 16 febbraio 2016
Il tema in oggetto è stato affrontato dalle Sezioni Unite della Cassazione –sentenza 1 dicembre del 2015 -16 febbraio n° 2951– le quali hanno stabilito a chi spetti dar prova della titolarità del diritto vantato ed i limiti entro i quali possa essere contestato.
Dalla lettura della pronuncia emerge che vennero convenuti in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pisa, (Omissis) e L’Ente Nazionale per le strade i quali esposero d’essere rispettivamente proprietario e usufruttuario di un fabbricato denominato (Omissis) sulla (Omissis) km 37.300 nel Comune di (Omissis), collocato su una collina che franò, provocandone il crollo.
Sul punto il massimo organo della nomofilachia ha enunciato il seguente principio di diritto: “La titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio, quale elemento costitutivo della domanda, deve esser provata dall’attore e verificata anche d’ufficio dal giudice, mentre le contrarie deduzioni o argomentazioni svolte dalla controparte hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio ed anche in appello, sicché l’eventuale sua contumacia non rende incontestati i fatti allegati dall’attore, né altera la ripartizione degli oneri probatori, ferme solo le eventuali preclusioni per la tardiva costituzione. (…) Il diritto al risarcimento dei danni subiti da un bene spetta al titolare del diritto di proprietà al momento dell’evento dannoso, quale risulta anche da scrittura privata, salva cessione del del credito”.
Come emerge dalla sentenza, il danneggiante, costituitosi in secondo grado, contestava la prova della proprietà, adducendo che l’eventuale risarcimento spetterebbe all’attuale proprietario e non invece al precedente che ha subito il danno, il quale è titolare solo di una scrittura privata.
I giudici chiamati a dirimere la controversia sottolineano come dal punto di vista della legittimazione attiva e passiva le questioni non siano molto frequenti e che, al massimo, esse possono riscontrarsi in tema di azioni intraprese dal falsus procurator (Cfr. Cass., n.23890/2013)
Bisogna porre l’attenzione, poi, sul merito della causa, ossia su chi risulti essere effettivamente il titolare del diritto vantato ed il relativo onere della prova che viene stabilito dall’art 2697 c.c. (nel quale si cita testualmente: “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti (…) deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”) in ossequio al principio ‘Onus probandi incumbit ei qui dicit, non ei qui negat’.
E’ bene anche precisare che sul piano processuale, così come previsto dall’art. 112 c.p.c., il giudice deve pronunciarsi su tutta la domanda e non oltre i limiti della medesima, oltre a non poter sentenziare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti.
Il centro della questione esaminata dalle Sezioni Unite risiede nel valutare, pertanto, se in mancanza d’eccezione della controparte, il giudice possa ex officio ritenere infondato il diritto vantato ovvero, se la questione dell’inconsistenza dell’affermata titolarità del diritto possa essere eccepita in appello dalla parte rimasta contumace in primo grado.
Appoggiando la tesi minoritaria le Sezioni Unite della cassazione hanno affermato -con la sentenza in commento- che la titolarità della posizione soggettiva (attiva o passiva) vantata in giudizio quale elemento costitutivo della domanda, deve essere provata dall’attore (…) mentre le contrarie deduzioni svolte dalla controparte hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, sicché l’eventuale sua contumacia non rende incontestati i fatti allegati dall’attore, né altera la ripartizione degli oneri probatori.
Quanto al merito della questione, ovvero a chi spetti il risarcimento per danno alla proprietà in caso di trasferimento della proprietà da un soggetto ad un altro, gli ermellini hanno enunciato il principio di diritto secondo cui il diritto al risarcimento dei danni subiti da un bene spetta al titolare del diritto di proprietà sul bene al momento dell’evento dannoso. Trattasi quindi di un ‘diritto autonomo’ che non segue le vicende del diritto di proprietà salvo il caso in cui sia convenuto il contrario.