Molti proprietari di terreni e immobili stanno ricevendo in questi ultimi mesi delle lettere da parte degli Istituti di Sostentamento del Clero diocesani nelle quali, oltre ad essere messo in discussione il loro diritto di proprietà per la sussistenza di un antico diritto di enfiteusi, viene loro intimato il pagamento dei canoni enfiteutici e prospettato, come unica alternativa, il diritto di affrancazione del fondo tramite rogito notarile e previo pagamento di un somma a titolo di riscatto.
Omettendo ogni considerazione morale e di opportunità che lascio al sentimento personale del singolo lettore –sul punto si sono interessate anche “Le iene” con un servizio tragicomico – credo che debba farsi un po’ di chiarezza, quantomeno per rendere edotti gli interessati circa la reale portata dei loro diritti che –a modesto avviso – non possono ridursi all’out-out “paga o riscatta”.
E’ necessario, però, un passo indietro.
Un tempo l’enfiteusi era un contratto molto diffuso, teso, soprattutto, a consentire la coltivazione di vasti latifondi. Il proprietario (molto spesso la Chiesa) concedeva, in perpetuo o per un lasso temporale determinato, ai contadini i terreni e questi si obbligavano al pagamento di un canone e al miglioramento del fondo. Inoltre, l’enfiteuta aveva, ed ha tuttora, il diritto d’affrancazione che è di natura potestativa e gli consente di divenire pieno proprietario del bene, previo pagamento di una somma come riscatto dello stesso.
Tuttavia, il pagamento dei canoni e l’affrancazione non sono gli unici modi di estinzione dell’enfiteusi o, comunque, del rapporto tra concedente-livellario.
Innanzitutto, è quantomeno opportuno che tutti coloro che hanno ricevuto le intimazioni al pagamento dei canoni chiedano preventivamente agli intimanti l’esibizione del titolo costitutivo dell’enfiteusi che ai sensi dell’articolo 1350 cod. civ. deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità.
E’ questo un punto nodale su cui spesso si fa confusione. I richiedenti (leggasi proprietari del fondo) intendono provare il loro preteso diritto enfiteutico tramite le risultanze catastali dimenticando – non so se volutamente o per ignoranza legislativa – che esse non hanno alcuna valenza sul piano probatorio del titolo. L’unico modo per provare il proprio essere proprietari è la produzione del titolo quantomeno in copia conforme all’originale.
Secondariamente, ma non come importanza, è vero che l’enfiteusi perpetua, come la proprietà, è imprescrittibile, ma di certo ciò nulla toglie alla possibilità del verificarsi dell’usucapione che è modo di acquisto della proprietà a titolo originario.
Questo, infatti, è un altro controllo a cui sono chiamati i suddetti intimati affinché valutino se in loro favore siano maturati i requisiti di legge per l’acquisto della piena proprietà a mezzo dell’usucapione.
Siffatto argomento acquista maggior valore se si tiene in conto che spesso l’originario titolo enfiteutico è risalente nel tempo (in alcuni casi anche secoli) e, pertanto, i soggetti terzi possono aver ‘a qualsiasi titolo’ instaurato un rapporto con il fondo incompatibile con il diritto d’enfiteusi.
Inoltre, in questi casi soccorre anche il meccanismo della c.d. “pubblicità sanante” ovvero l’aver trascritto un titolo di per sé idoneo a produrre l’acquisto della proprietà, anche se basato su elementi erronei, ma comunque corredato da un possesso ininterrotto “uti dominus”
D’altronde, se così non fosse e quindi si ritenesse inoperante l’istituto dell’usucapione, il proprietario sarebbe inspiegabilmente esonerato dall’oculata gestione dei propri beni e diritti, ben potendo, anche a distanza di secoli, avanzare pretese dominicali e creditorie.
Ci sarebbe molto altro da dire ma il discorso si allargherebbe alla problematica della c.d. “interversio possessionis” che ci riserviamo di analizzare in un prossimo saggio.
In conclusione, invitiamo tutti i destinatari delle missive, di cui in epigrafe – prima di procedere al pagamento anche di un solo canone che avrebbe una funzione di riconoscimento del diritto d’enfiteusi – a chiedere di prendere visione, innanzitutto del titolo costitutivo dell’enfiteusi (non accontentatevi delle mappe catastali!!!) e successivamente valutare se siano maturati i presupposti per l’usucapione del bene, al fine di far valere i propri diritti e non cedere a richieste economiche molto spesso prive di fondamento giuridico.
Per approfondimenti sul caso non esitate a contattarci anche in privato.