Il D.Lgs. n. 28 del 16 marzo 2015 ha introdotto nel nostro ordinamento il nuovo istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
La sua introduzione poggia le basi sull’assunto per cui, potendo esserci casi nei quali il fatto è totalmente inoffensivo non avendo subito il bene protetto alcuna compromissione (ci si riferisce alla previsione normativa di cui all’art. 49, secondo comma, c.p.), possono senz’altro essere individuati dei frangenti nei quali non si può affermare che un’offesa manchi del tutto, ma può rilevarsi che la stessa sia esigua, di scarsa rilevanza in concreto.
In sintesi, si riconosce l’esistenza dei due differenti profili della ‘inoffensività’ e della ‘particolare tenuità’.
L’istituto, in ogni caso –e ciò va quantomeno ricordato- non è del tutto estraneo al nostro sistema penale. Difatti il principio trovava precedente riconoscimento sia nel processo penale minorile (art. 27 D.P.R. n.448/1988), sia nel sistema dei reati di competenza del Giudice di pace (ex art. 34 D.Lgs. n.74/2000).
Passando ora ad un’analisi della norma, va in primis evidenziato quanto prescritto dal primo comma e quindi il suo ambito di applicazione che, come si legge, risulta essere circoscritto ai “reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena”.
Se dubbi possono sorgere in riferimento all’applicabilità o meno del regime di favore dettato dall’articolo in commento alle ipotesi del tentativo, si segnala come la risposta positiva venga pacificamente riscontrata, tenuto conto dell’autonomia fra fattispecie consumata e fattispecie tentata ormai da tempo affermata in dottrina e giurisprudenza.
Il quarto comma del nuovo art. 131-bis c.p., dedicato al tema delle circostanze, statuisce l’irrilevanza di quest’ultime nella determinazione della pena di cui al primo comma, fatta salva l’eccezione per le circostanze autonome (che comportano una pena di specie diversa) e ad effetto speciale (che determinano un aumento superiore ad un terzo).
L’ultimo comma, poi, riconosce che si possa giungere alla declaratoria di irrilevanza per particolare tenuità del fatto “anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante”.
Quanto ai parametri, sulla base dei quali il giudice del merito è chiamato ad individuare l’irrilevanza penale della condotta, deve farsi riferimento ai concetti di “offesa di particolare tenuità” e di “comportamento non abituale”. In proposito il secondo comma della norma elenca le ipotesi nelle quali si deve ritenere ex lege esclusa la possibilità di ritenere l’offesa di particolare tenuità, ovvero “quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie, o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona”.
Sotto il secondo profilo, della non abitualità del comportamento, il legislatore identifica –al comma terzo– alcune situazioni semplificative che, in ogni caso, vengono considerate quale elencazione ‘tassativa’ in ossequio ai principi della tassatività e della certezza del diritto. Il comportamento è pertanto abituale “nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”.
Definite brevemente le caratteristiche della norma in oggetto, occorre accennare –se pur sinteticamente- a come essa vada ad inserirsi nelle dinamiche processuali. Il primo momento in cui può trovare riconoscimento è quello della richiesta di archiviazione, segue ,poi, la possibilità di riconoscerla mediante una sentenza di non luogo a procedere (in sede di udienza preliminare) ovvero di assoluzione qualora ci si trovi in fase dibattimentale. Decisioni, queste, che comunque andranno iscritte nel registro del casellario giudiziale ai fini della eventuale valutazione di abitualità.