La Corte di Cassazione, già nel 2000, riconosceva la configurabilità dei reati di ingiuria e diffamazione tramite l’utilizzo di risorse informatiche e nello scorso giugno –Cass. Pen., sez .I, sent. n. 24431/2015- ha fatto un ulteriore passo avanti verso una maggiore tutela dei diritti della persona. Più precisamente gli ermellini hanno riconosciuto la sussistenza della diffamazione aggravata (ex art. 595, terzo comma, c.p.) anche nel caso in cui l’offesa avvenga mediante i cc.dd. social network, tra cui appunto Facebook. Tale mezzo, sfruttando Internet, viene considerato potenzialmente idoneo alla consumazione del reato essendo dotato di strumenti utili a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, nonché a cagionare di conseguenza alla persona offesa un danno maggiore e più diffuso. In motivazione il Collegio osserva che un messaggio “postato” (digitato) su una bacheca Facebook è tendenzialmente idoneo a raggiungere un numero indeterminato di persone e ciò, sia in considerazione del fatto che tali bacheche presuppongono, per loro natura, un apprezzabile afflusso di persone, sia in quanto con l’utilizzo di “FB” gruppi di soggetti socializzano valorizzando i rapporti interpersonali. Di tal guisa i giudici hanno annoverato l’ipotesi della bacheca tra gli “altri mezzi di pubblicità” di cui al citato terzo comma dell’articolo 595 cod. pen. Pertanto, lasciare un commento –offensivo- su una bacheca facebook può realizzare il reato di diffamazione aggravata per l’idoneità, anche potenziale, del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone comunque apprezzabile per composizione numerica. Concludendo si segnalano, in tale evenienza, la procedibilità su querela di parte e la competenza a decidere del Tribunale monocratico.
Dott.ssa Eleonora Di Lullo