La legitimatio ad causam e la facoltà di intervento, nei giudizi per danno ambientale, riconosciuta in capo agli organismi di tipo associativo a carattere nazionale, deriva da un preciso intervento del legislatore in materia. Trattasi del combinato disposto di cui agli artt. 13 e 18, comma quinto, della Legge n. 349 dell’8 luglio 1986, istitutiva del Ministero dell’Ambiente, con il quale è stato introdotto un ‘doppio binario’ . Vengono così riservati al giudice interpellato (amministrativo ovvero ordinario) la valutazione e l’accertamento dell’effettivo grado di rappresentatività del soggetto collettivo che in quel momento opera per la difesa degli interessi ambientali.
Se così non fosse, ovvero se venisse attribuito in via esclusiva all’amministrazione il potere di selezionare i soggetti legittimati ad agire in giudizio, la normativa sarebbe in palese contrasto con gli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, nonché con la pronuncia C-260/11, Sez. IV, della Corte di Giustizia Europea.
Per quanto attiene poi la tipologia degli atti contestabili è opportuno evidenziare che l’onere dell’individuazione -nel caso concreto- degli atti amministrativi potenzialmente lesivi del bene ambiente, grava in capo alle associazioni che intendono agire in giudizio. Rientreranno così, tra gli atti impugnabili, anche quelli non direttamente riconducibili alla normativa ambientale ma pur sempre idonei a procurare ripercussioni negative sull’equilibrio ecologico preesistente.
Si è pertanto giunti a reputare irrilevante la circostanza che le censure sollevate siano eterogenee rispetto ai profili ambientali dell’atto contestato qualora venga dimostrato che le stesse siano idonee in ogni caso a dimostrare l’interesse sostanziale di cui il soggetto collettivo è titolare.
Non sono comunque mancate, anche al riguardo, delle novità normative.
L’art. 146, comma 12, del nuovo Codice dei beni culturali ed ambientali, così come modificato dal D.lgs. n.63 del 26 marzo 2008, ha attribuito anche alle associazioni portatrici di interessi diffusi ovvero a qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse, la legittimazione ad impugnare l’autorizzazione paesaggistica tramite ricorso al T.A.R. o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Inoltre, le sentenze e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate, dai medesimi soggetti, anche qualora non abbiano proposto ricorso in primo grado.
Dott.ssa Eleonora Di Lullo [wysija_form id=”1″]