I recenti fatti di cronaca hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica una delle questioni penali più dibattute ovvero l’eccesso di legittima difesa. Questa, che tecnicamente è una delle cause di esclusione dell’antigiuridicità, rappresenta una sorta di “autotutela” che l’Ordinamento consente nel caso in cui insorga un pericolo imminente, per sé o per altri, da cui è necessario difendersi, quando non ci sia la possibilità di rivolgersi all’autorità pubblica per ragioni di tempo e di luogo. Non rientra nel concetto di legittima difesa la reazione che può aversi dopo che la lesione sia stata già provocata. In tal caso si incorre, difatti, nel c.d. eccesso colposo di legittima difesa la cui valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice, il quale, nel pronunciarsi, terrà conto di un ragionevole complesso di circostanze quali l’esistenza di un pericolo attuale o di un’offesa ingiusta, i mezzi di reazione a disposizione dell’aggredito ed il modo in cui ne ha fatto uso, nonché, il contemperamento tra l’importanza del bene minacciato dall’aggressore ed il bene leso da chi reagisce.
La legge del 13 febbraio 2006, n. 59, introducendo il comma secondo dell’art. 52 Codice penale, ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa quando sia configurabile la violazione di un privato domicilio, ossia, l’effettiva introduzione di un soggetto nella residenza altrui contro la volontà di colui che è legittimato ad escluderne la presenza. Tuttavia, la V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35709 del 2 luglio 2014, ha prontamente precisato che necessita sempre il concorso dei presupposti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi quale mezzo di difesa della propria o altrui incolumità.
Dott.ssa Eleonora Di Lullo