Il delitto di cui all’art. 609-quater c.p. (parzialmente riscritto nel 2012) sanziona la condotta del soggetto che compia atti sessuali con una persona che, a seconda del tipo di relazione intercorrente con il partner, non abbia ancora compiuto gli anni quattordici, sedici o diciotto.
Il trattamento sanzionatorio previsto per quelle ipotesi in cui i rapporti sessuali –con minori al di sotto dei 14 anni-avvengano con violenza, minaccia o abuso di autorità, viene equiparato dal legislatore a quello applicato nelle ipotesi in cui mancano tali modalità, ovvero, i rapporti sessuali si svolgono con il consenso del minore stesso. Ciò in quanto, considerata la condizione di immaturità fisica e psicologica della vittima, non assume alcuna rilevanza il suo eventuale consenso.
Il bene giuridico che la fattispecie intende proteggere consiste nel sano e corretto sviluppo della sessualità del minore (Cfr. Cass. pen., Sez. III, 13 maggio 2004, n.29662).
Il raggiungimento della maturità sessuale, quindi, si presume con il compimento del quattordicesimo anno di età, limite che viene però elevato ai sedici o ai diciotto anni nel caso di particolari relazioni di parentela o convivenza tali da incidere sulla libertà del minore.
Tutela che, al contrario, viene meno nel caso in cui i rapporti sessuali avvengano tra minorenni (non sussistendo in tal caso un pericolo di approfittamento dell’uno sull’altro).
Pertanto, ricapitolando, sono tre le situazioni contemplate dalla norma in oggetto:
– comma 1, n1) in cui il maggiore di età compie atti sessuali con persona minore di anni quattordici;
– comma 1, n2) dove il maggiore di età -nella sua qualità di ascendente, genitore (anche adottivo o convivente), tutore, ovvero convivente o affidatario del il minore per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza e custodia- compie atti sessuali con persona minore di anni sedici;
– comma 2, in cui il maggiore di età, abusando dei poteri connessi alla sua posizione –perché ascendente, genitore (anche adottivo o convivente), tutore, ovvero convivente o affidatario del il minore per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza e custodia- compie atti sessuali con una persona minore degli anni diciotto ma maggiore degli anni sedici.
Si noti quindi come l’ipotesi di cui al secondo comma possa essere integrata solamente nel caso di abuso dei poteri connessi alla posizione dell’agente e comunque fuori dai casi di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.).
La giurisprudenza ha sul punto chiarito poi che risulta irrilevante la partecipazione attiva o l’iniziativa della vittima (Cfr., Cass. pen., Sez. IV, 9 marzo 2012, n.9349).
Inoltre, per quanto attiene ai rapporti tra le fattispecie di cui ai numeri 1 e 2 del primo comma, autorevole dottrina ritiene che nel caso di atti sessuali commessi sull’infraquattordicenne debba prevalere l’ipotesi di cui al numero 1 anche se l’agente presenta le qualifiche di cui al numero 2.
Per quanto riguarda poi il rapporto con il reato di violenza sessuale (art. 609-bis) bisogna evidenziare che la differenza tra i due risiede nel consenso all’atto che il minore manifesta o meno. Più nello specifico, il legislatore (si leggano in proposito gli artt. 609-bis e 609-ter c.p.) ha inteso punire aspramente quei comportamenti volti a ledere la libertà sessuale nei confronti di vittime in tenera età o che si trovino in particolari rapporti con il soggetto agente.
Rientrano pertanto expressis verbis, tra le altre circostanze aggravanti di cui all’art. 609-ter c.p., l’aver commesso i fatti di cui all’art. 609-bis :
– “ nei confronti di persona che non ha compiuto i quattordici anni “ ;
– “ nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore ”;
– “ se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave “;
– “ La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci “.