La consegna di un atto nelle mani del portiere di uno stabile (ai sensi dell’articolo 139 c.p.c.) è idoneo e di per sé sufficiente ad assicurare che il documento sia stato consegnato al destinatario dello stesso.
Diversamente, l’invio successivo da parte dell’ufficiale giudiziario della raccomandata costituisce solo un’ulteriore garanzia per il destinatario a che non si verifichino omissioni da parte del custode.
Ciò è, in buona sostanza, quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 25 gennaio 2016, n° 1268 che ha respinto il ricorso di un imprenditore il quale contestava la nullità di una notifica, avvenuta per mezzo del servizio postale, adducendo che la consegna a mani del portiere era stata seguita dall’invio al destinatario di una semplice raccomandata e non di una raccomandata con ricevuta di ritorno, per di più avendo esso imprenditore cambiato casa.
Tuttavia la Corte ha precisato che “la consegna dell’atto nelle mani del portiere assicura di per sé che l’atto stesso è pervenuto nella sfera del destinatario, essendo avvenuto a persona abilitata alla ricezione e risultando comunque accertato l’effettivo domicilio”.
Pertanto, sono ricavabili dal suddetto dictum due corollari.
Il primo è che la Legge non obbliga all’invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno in quanto la raccomandata (successiva alla consegna del plico al portiere) è solamente un’ulteriore garanzia rispetto ad omissioni da parte del portiere, non essendo richiesta la prova dell’effettiva consegna della stessa al destinatario.
Il secondo riguarda il fatto, nelle more dell’invio della raccomandata, sia intervenuto un mutamento del domicilio del destinatario deve essere provato da quest’ultimo per il tramite dell’esibizione di un certificato “storico” di residenza.