Ai sensi dell’art. 105 del Codice penale (rubricato professionalità nel reato) chi, trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità, riporta condanna per un altro reato, è dichiarato delinquente o contravventore professionale, qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate nel capoverso dell’articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato”.
Pertanto un soggetto può essere definito delinquente abituale quando sussistano 2 elementi:
- sul reo gravi una condanna definitiva per un altro reato (e quindi si trovi già nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità pur non essendo necessario che essa sia stata dichiarata);
- si ritiene che il soggetto viva abitualmente -anche solamente in parte- dei proventi del reato.
Occorre in tal senso che il delitto (o i delitti) commesso fornisca al reo una fonte economica stabile di sostentamento, anche se essa non risulti esclusiva. Rientrano ad esempio in tali ipotesi i reati di truffa, borseggi, sfruttamento della prostituzione, estorsione ecc.
Nella sostanza quindi il giudice si troverà a dover effettuare un giudizio concreto su quella che è la personalità del soggetto ritenuto colpevole e da tale valutazione dovrà emergere che lo stesso ha fatto del delitto un vero e proprio mestiere diventando così pericoloso per la comunità. Autorevole dottrina ritiene, non a caso, che il fatto di trarre sostentamento dai proventi del reato sia indice, ancora più elevato, di pericolosità rispetto all’abitualità, facendo aumentare tale circostanza la probabilità di recidiva quindi un maggior allarme sociale.
Da tanto la (condivisa) precisazione della Corte di Cassazione in merito alla professionalità nel reato la quale non può essere presunta sulla base delle condanne anteriori ma deve essere attribuita “quando risulti dimostrato che il delinquente abituale tragga fonte di guadagno pressoché continua dalla reiterazione delle sue azioni criminose”.
Quanto agli effetti, il successivo art. 109 c.p. precisa che tale dichiarazione di professionalità “importa l’applicazione di misure di sicurezza” nonché, tra gli altri, anche il divieto della sospensione condizionale della pena (art. 164 c.p.).