Con sempre maggiore facilità e grazie all’enorme diffusione di strumenti tecnologici quali smartphone, microcamere ed mp3, risulta molto facile registrare una conversazione tra i soggetti presenti in una determinata circostanza. E la domanda che maggiormente ci si pone è se tale attività sia lecita e, nel caso, utilizzabile come prova all’interno di un processo.
Il primo punto da chiarire sul tema è che le registrazioni non sono intercettazioni(!) in quanto eseguite da un privato nella sua totale autonomia.
Ciò indipendentemente dal luogo in cui essa avviene ovvero in una pubblica via, all’interno di una privata abitazione ovvero in un’autovettura.
Non scattano difatti in tali ipotesi le fattispecie integranti i reati previsti in caso di lesione della privacy.
Questo concetto è stato ribadito dalla giurisprudenza – fino a divenire oramai consolidato approdo – la quale diverse volte ha chiarito il principio per cui “chi dialoga accetta il rischio che la conversazione sia registrata”.
Da tanto deriva quindi anche la possibilità di utilizzare tali prove (in gergo tecnico documentali) all’interno del processo, tanto civile quanto penale.
La registrazione tra presenti costituisce in effetti la memorizzazione di un fatto storico della quale l’autore può disporre liberamente.
Sul punto si segnala una interessante sentenza (la n.19158/2015) con cui la II Sezione Civile della Cassazione ha opportunamente rilevato che “ciascuno dei soggetti che partecipano ad una conversazione è pienamente libero di adottare cautele ed accorgimenti e tale può essere considerata la registrazione, per acquisire, nella forma più opportuna, documentazione e quindi prova di ciò che direttamente pone in essere o che è posto in essere nei suoi confronti […]”.
Inoltre la ricostruzione della problematica nei termini anzidetti ben si concilia anche con le stesse norme del Codice della Privacy, tanto che l’art. 13, comma 5, lett. b) prescrive espressamente l’utilizzo di quanto registrato occultamente “per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.