Caratteristica essenziale degli atti di liberalità è quella di avere ad oggetto un’attribuzione patrimoniale da parte di un soggetto, detto disponente, a favore di un altro soggetto, detto beneficiario, eseguita spontaneamente ed in assenza di vincoli di carattere giuridico o morale. Nella macro-categoria delle liberalità si distinguono le due sotto-categorie delle attribuzioni patrimoniali inter vivos e mortis causa.
Nel primo gruppo rientrano la remissione del debito, le liberalità d’uso, i negozi atipici di liberalità come delineati dalla giurisprudenza e la donazione che riveste, tra tutti, un ruolo centrale. Tra le attribuzioni mortis causa rientrano invece le disposizioni testamentarie a favore degli eredi e dei legati.
Leggendo la disposizione di cui all’art. 769 c.c. (definizione delle donazioni) si deduce chiaramente che il donante dispone di un proprio diritto ovvero si obbliga nei confronti del donatario –arricchendolo- evidenziandosi, in tal modo, il ‘necessario’ legame tra l’atto dispositivo di impoverimento ed il correlato arricchimento del donatario.
Oggetto della donazione possono essere (oltre alla proprietà) i diritti reali di godimento, le universalità di cose e le prestazioni periodiche. L’art. 771 c.c. prevede invece il divieto di donazione relativo ai beni futuri (ad eccezione di quelli non ancora separati da beni già esistenti).
Il codice non si occupa, diversamente, della donazione di cosa altrui della cui validità si dibatte in dottrina e giurisprudenza.
Premesso che le ipotesi prese fino ad ora in esame si caratterizzano per la consapevolezza da parte del donante dell’altruità della cosa donata (in quanto in caso di errore sulla titolarità della cosa si ricade nell’ipotesi di vizio della volontà) si confrontano, nel dibattito, due distinti orientamenti: uno, minoritario, secondo il quale in assenza di una norma analoga all’art. 771 c.c. si può dedurre una validità del negozio, l’altro, contrario, che ne afferma l’invalidità.
Nonostante i sostenitori della prima tesi offrano delle interessanti riflessioni la giurisprudenza, maggioritaria e costante, preferisce chiaramente la tesi della nullità/inefficacia di una donazione di cosa altrui ( Cfr., tra le ultime, Cass., 5 maggio 2009, n. 10356 e Cass., 23 maggio 2013, n. 12782).
Nelle motivazioni delle loro sentenze i giudici della legittimità non possono fare a meno di notare come la donazione di cosa altrui sia incompatibile con la definizione codicistica data dall’art. 769 c.c. e come, al contrario, possa estendersi l’applicabilità del divieto previsto dall’art. 771 c.c. (nullità della donazione di beni futuri).