Il contratto di servitù così come indicato nell’art. 1027 c.c. consiste in un “peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario“. Si evidenzia in tal modo il rapporto di strumentalità tra la servitù e il godimento del fondo dominante.
In base a quanto sancito dalla suddetta norma, si può rilevare come l’utilità possa consistere in qualsiasi vantaggio sul fondo dominante, non necessariamente economico, ma pur sempre rientrante nella sfera soggettiva e personale del proprietario del fondo dominante.
Pertinente all’utilità del fondo risulta essere anche un diritto di godimento a carico di un fondo e a vantaggio di determinati soggetti (art.1132 c.c.). In tal caso si parla di “servitù irregolare” dato che la mancanza del requisito dell’inerenza fondiaria impedisce il formarsi di una servitù prediale e genera un diritto di natura personale, a contenuto obbligatorio, opponibile solo al proprietario contraente e non ai successivi proprietari.
In tale situazione si pone il nostro quesito ovvero se il parcheggio di autoveicoli in aree condominiali possa essere ricollegato ad uno schema di servitù oppure no .
Secondo l’orientamento giurisprudenziale il parcheggio d’automobile su fondo altrui non integra gli estremi dell’utilità sul fondo stesso ma solamente un vantaggio personale per i soggetti che ne beneficiano.
Da ciò scaturisce che, l’area di utilizzo condominiale al fine di parcheggio da parte dei condomini, non può essere tutelata con l’azione di reintegra nel possesso (ex. art. 1168 c.c.) esperibile nei confronti di colui che abbia esercitato eventuali azioni di appropriamento .
Nel merito si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n° 15334 del 2012 ribadendo la non configurabilità di una servitù di parcheggio dove vi sia il difetto del requisito dell’utilità del fondo, specificando piuttosto che si tratta di un diritto d’uso o uno schema di contratto di locazione, comodato ovvero affitto.
Tuttavia una più recente pronuncia degli ermellini (n° 23708 del 2014) ha disposto la nullità di una clausola contrattuale in cui un acquirente del fondo si sarebbe impegnato a concedere a un terzo soggetto la facoltà di parcheggiare due autoveicoli.
La novità della pronuncia della Suprema Corte si evidenzia nel fatto che, non solo viene negato che la costituzione di un diritto di parcheggio possa dar vita a un diritto reale, ma viene precisato che ci si trovi piuttosto davanti a un vero e proprio diritto di credito. A ciò si aggiunge che un tale contratto -o clausola- sarebbe nullo per impossibilità dell’oggetto, difettando della realità.
Possiamo pertanto attenerci a quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità che, oltre a negare la realità del diritto in questione, non dubita sul fatto che il contratto costitutivo di un diritto di parcheggio sia un contratto con effetti obbligatori e non un contratto nullo.