Nella sezione del Codice penale dedicata ai delitti contro il patrimonio, vi è una norma di chiusura, l’articolo 649, che consente la non punibilità di determinati soggetti qualora offendano il suddetto bene giuridico. Il legislatore include, nello specifico, il coniuge non legalmente separato, l’ascendente o discendente, l’affine in linea retta, adottante e adottato, fratello o sorella convivente. Vanno conseguentemente esclusi, e pertanto considerati punibili, il coniuge legalmente separato, il fratello o la sorella non conviventi nonché lo zio, il nipote e l’affine in secondo grado convivente con la persona offesa. La ratio di tale previsione va ravvisata nella rinuncia alla punizione, da parte dell’ordinamento, tramite un limite istituzionale alla punibilità ritenendo, quantomeno inopportuna, un’ingerenza del diritto penale all’interno di una formazione sociale qual è la famiglia.
Va comunque evidenziato che il terzo comma della norma prevede l’esclusione del detto regime di favor nei casi di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo estorsivo e, comunque, in tutti i casi in cui il reato contro il patrimonio sia commesso “con violenza alle persone“. Nel corso del tempo la giurisprudenza ha meglio esplicato la portata della norma chiarendo, in primis, che per violenza debba considerarsi tanto quella fisica, quanto quella psichica ed in secondo luogo ampliando il novero dei soggetti non punibili facendovi rientrare anche il convivente more uxorio. Non a caso, la Suprema Corte ha scelto di adeguarsi ai più recenti orientamenti in tema di famiglia di fatto, adottando, così, una lettura estensiva del termine “coniuge“, oggi non più riferibile esclusivamente al matrimonio con effetti civili.
Dr.ssa Eleonora Di Lullo