Il funzionamento del condominio è disciplinato da norme di legge (imperative o dispositive), da un titolo costitutivo di diritto e da un regolamento condominiale, nel caso fosse previsto e vigente.
In particolare, il regolamento condominiale (per come disciplinato dagli artt. 1136, 1137, 1138 del c.c.), deve essere obbligatoriamente formato e trascritto – nel caso in cui non sia stato redatto dall’unico originario proprietario – se il numero dei condomini sia superiore a dieci unità (art.1138 c.c.).
In caso di quiescenza, ogni singolo condomino può ricorrere all’autorità giudiziaria affinché rediga un regolamento con sentenza, avente carattere costitutivo.
Nel medesimo art. 1138 c.c. sono tracciati e delineati i confini tra norme imperative e dispositive, sottolineando come le norme regolamentari non possono ledere i diritti di ciascun condomino risultanti da atti d’acquisto o convenzioni.
L’art 1136 c.c. prevede che il regolamento condominiale possa scaturire da accordo tra tutti i condomini o da delibera assembleare, con le maggioranze dettate dal secondo comma dello stesso articolo di legge.
Per ciò che concerne la natura giuridica delle clausole del regolamento condominiale si sottolinea come la distinzione tra natura contrattuale o meramente regolamentare va ricercata nel contenuto delle singole clausole indipendentemente dalla loro approvazione all’unanimità o meno.
Pertanto, devono ritenersi di natura contrattuale le clausole che insistono sui diritti immobiliari dei condomini, sulle loro proprietà esclusive o sulle parti comuni anche se queste attribuiscono a alcuni condomini diritti maggiori rispetto a quelli di altri condomini.
Tutte le altre clausole di regolamento condominiale che dettano norme concernenti l’uso e modalità delle cose comuni,ripartizione delle spese a decoro e tutela dell’edificio, o tutto ciò che rientra nella sfera interna della vita condominiale, possono essere modificate dall’assemblea condominiale seguendo le maggioranze previste dall’art.1136 c.c.
Il regolamento condominiale, in ogni caso, così come la sua modifica, prevede il requisito della forma scritta ad substantiam.
L’art. 70 disp. att. c.c. dispone anche in merito alle eventuali “infrazioni al regolamento condominiale” prevedendo, a titolo sanzionatorio, il pagamento di una somma fino a euro 200 e, in caso di recidiva, fino a 800 euro.
Le somme incassate dal condominio a titolo di pagamento delle suddette sanzioni confluiscono in un fondo di cui dispone l’amministratore per le spese ordinarie. La decisione assembleare di comminare siffatte sanzioni è sottoposta a termine di impugnazione di 30 giorni e, in ogni caso, vige la regola che la sanzione possa venir applicata solo se il regolamento lo preveda.
La misura del diritto di ogni condomino sui beni comuni è stabilita in proporzione al valore del piano o porzioni di piano che gli appartiene (art.1118 c.c.). Il valore del piano o porzione dello stesso viene espresso in millesimi all’interno di apposite “tabelle millesimali” allegate al regolamento condominiale (art. 68 disp.att.c.c.).
Quest’ultime hanno lo scopo di predeterminare il valore di ogni singola unità immobiliare rispetto all’edificio per poter stabilire la ripartizione delle spese per la conservazione, innovazione e servizi d’interesse comune.
Con la riforma del condominio, all’art. 69 disp. att. c.c., si è ribadito il principio secondo il quale la revisione delle tabelle millesimali debba avvenire all’unanimità, ma introduce anche due eccezioni ossia qualora i valori stabiliti siano conseguenza di un errore o le condizioni dell’immobili siano mutate.
In particolare, per “mutate condizioni dell’immobile” s’intendono la sopraelevazione dello stesso, l’incremento di superfici o incremento o diminuzione delle unità immobiliari, che alterino per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino.